Conoscete il tragico mito di Clizia?

Qualche tempo fa ho visitato la Fondazione Museo Maniscalchi-Erizzo, nel cuore di Verona, e un'opera mi ha colpito in particolar modo. La scultura, opera di Innocenzo Fraccaroli, rappresenta una splendida e marmorea ninfa, Clizia, appunto.

La mano destra la ripara dal sole, la sinistra è delicatamente appoggiata al seno a esaltarne la sensualità, le vesti che cadono morbide sui fianchi. Lo sguardo è rivolto al cielo, alla ricerca del suo amato. Mi è parsa triste e bellissima. D'altronde, la sua è una storia tragica. Ve la racconto in breve.

Clizia, splendida ninfa oceanina, era figlia di Oceano e Teti, e amante del dio Sole, Apollo.
Come spesso accade con gli amori divini, anche questo fu segnato dall'incostanza...

Apollo, infatti, si innamorò di Leucòtoe, una giovane e nobile fanciulla, figlia di Orcamo, re di Babilonia, e la sedusse. La povera Clizia, consumata dalla gelosia, rivelò a Orcamo l’amore segreto tra sua figlia e il dio.

Furibondo, il re inflisse a Leucòtoe una punizione crudele: scavò una profonda fossa, e la seppellì viva. Da questa tragica morte nacque la pianta dell’incenso, simbolo del dolore e del sacrificio.

Clizia, sopraffatta dal rimorso per aver causato una fine così atroce, iniziò a consumarsi, divorata dall'amore non corrisposto per il Sole.

Impietosito dalla sua sofferenza, Apollo la trasformò in un girasole, il fiore che, giorno dopo giorno, si volge sempre verso il Sole, cercando l'amato che non potrà mai più raggiungere.

Clizia innamorata del Sole, Innocenzo Fraccaroli, Marmo, 1838, Museo Maniscalchi Erizzo, Verona, Foto personale.

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